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Il passaggio attraverso la Porta Santa è durato solo pochi istanti, ma racchiude in sé una serie di intenzioni, riflessioni, incontri e scelte profonde. È stato il culmine di un cammino iniziato prima del Giubileo, attraverso momenti di preparazione, penitenza e ascolto, accompagnati dai sacerdoti e dagli educatori che, con pazienza, ci hanno guidato e hanno risposto alle nostre domande.

Il Vescovo Giampaolo ci ha invitati a interrogarci: è più importante l’evento o il cammino che lo ha preceduto e che lo seguirà?
Il vero valore sta proprio nel percorso: negli incontri di preparazione che ci hanno coinvolto in attività di conoscenza e riflessione; nelle scelte personali che ci hanno spinti a superare paure e dubbi per accettare la proposta di partecipazione; nella confessione del Sabato Santo, che ci ha introdotti nel vero senso del Giubileo e preparati al passaggio attraverso la Porta Santa.

L’esperienza è stata bella seppure imperfetta: ci sono state fatiche, imprevisti, riorganizzazioni dovute anche alla morte del Papa. Ma l’importante è ora elaborare ciò che abbiamo vissuto, affinché non resti solo un bel ricordo, ma diventi parte viva della nostra storia personale.
Attraversando quella Porta, abbiamo affidato a Dio non solo le nostre speranze, ma anche quelle dei familiari, degli amici e di tutte le persone che abbiamo portato nel cuore e con cui abbiamo condiviso la scelta di vivere questa esperienza.

Una cosa che ci ha colpito durante il momento di preghiera alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura è stata la moltitudine di adolescenti presenti e che hanno partecipato attivamente, cantando e battendo le mani al ritmo dei canti. L’enorme Basilica si è riempita per ben tre volte, solamente per i partecipanti delle Diocesi del Triveneto, e ciò fa capire ancora meglio quanti ragazzi hanno preso parte a questa grande avventura.
Dopo il passaggio della Porta Santa, ci sono state poste alcune domande che ci hanno aiutato a capire che il gesto simbolico di attraversare la Porta non basta: siamo chiamati a un cambiamento concreto, a un nuovo atteggiamento nel cammino dietro al Signore.
Siamo stati accompagnati anche dalla lettura di alcune riflessioni, tutte introdotte dalla frase: “Cerco una porta che mi permetta di entrare…”:

  • Nelle relazioni che viviamo: il desiderio di costruire legami veri e profondi, non fermandosi alla superficialità;
  • Nel mondo: il sogno di portare speranza anche dove sembra non essercene più, riconoscendo che, anche nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza;
  • Dentro di noi: la domanda su quali porte abbiamo attraversato, stiamo attraversando e vogliamo attraversare, per orientarci sempre più verso la luce;
  • Nell’eternità: la ricerca di un senso più grande, la certezza che siamo parte di un disegno d’amore che ci supera e ci chiama.

Un’occasione che ci ha invitato a prendere sul serio la nostra vita e la speranza che custodiamo in essa: attraversare la Porta Santa è stato un gesto simbolico, ma la vera sfida è scegliere ogni giorno di camminare verso la luce, lasciandoci guidare dalla speranza e dalla fiducia nel Signore.

 

Beatrice e Claudia Tiozzo Brasiola
Azione Cattolica Chioggia

Immagine Articolo 'Il passaggio della Porta Santa'

Che cosa spinge a partecipare a un’esperienza come il Giubileo degli Adolescenti? Quali ragioni, oggi, possono accompagnare una ragazza, un ragazzo, un giovane a dire di sì, a mettere lo zaino in spalla, a partire?

In fin dei conti, l’esperienza giubilare non è un viaggio come gli altri, ma è un mettersi in cammino prima ancora della partenza, un pellegrinaggio più che verso un luogo fisico verso un atto d’amore. È un’occasione per camminare da soli ma anche insieme, come piccola comunità, come Chiesa.
E allora non deve stupire il desiderio di Beatrice T., di quattordici anni, che è spinta, prima di tutto, dalla ricerca di novità. “La voglia di provare nuove esperienze e di conoscere nuove cose“. Un desiderio che, per la sorella maggiore, Claudia, di ventiquattro anni, trova una dimensione più strutturata, dei tratti più decisi: “Ho deciso di partecipare [come accompagnatrice] per vivere un clima di giovinezza autentica. Spesso sentiamo parlare della mancanza di giovani nei nostri gruppi (il che, sotto certi aspetti, è vero). Però, quello che mi preoccupa è che, a causa di questa constatazione, rischiamo di non vedere la bellezza di quei ragazzi che invece ci sono, che hanno voglia di mettersi in gioco, di vivere esperienze significative e di portare avanti una Chiesa viva e giovane. Ho deciso, quindi, di partecipare per vedere con i miei occhi questi ragazzi ‘all’opera’: ragazzi che stanno costruendo la loro fede personale ma anche una fede da condividere con i pari, con la comunità, e da riportare a casa, ciascuno nei propri ambienti di vita“.
Fede. Condivisione. Comunità. Casa. Proprio ciò di cui parla anche Chiara V., di quasi diciassette anni, che è felice di poter vivere questa esperienza insieme a un gruppo di amiche e di amici dei gruppi vocazionali diocesani, per lei la “garanzia di esperienze uniche e irripetibili“. Una “spinta” emozionante la sua, che trova espressione “nel poter realizzare qualcosa che i [suoi] genitori [le] hanno raccontato fin da quando era bambina, le varie Giornate Mondiali della Gioventù e il Giubileo del 2000“.

Ma un viaggio, un qualsiasi viaggio, non può non prevedere anche un piccolo bagaglio aggiuntivo. Il bagaglio delle proprie aspettative, delle proprie attese, quasi come la sensazione di gustare un cibo che abbiamo davanti ai nostri occhi o di cui ne percepiamo il profumo.
E, se per Beatrice sembra accendersi il fuoco di una fatica che conduce alla meraviglia, Chiara e Claudia hanno nitida di fronte a loro l’immagine del Beato Carlo Acutis, la cui canonizzazione originariamente era prevista per la mattinata di domenica 27 aprile. Un’immagine che la prima conserva “preziosamente nel cuore perché porta il nome di [suo] fratello” e per un amore in comune, quello per la città di Assisi. E un’immagine che, per la seconda, rappresenta “un esempio luminoso“, affinché l’orizzonte di autenticità della sua fede “diventi un’opportunità di crescita spirituale, che semini speranza e crei legami duraturi“.

Ora, non resta che partire. Magari con un invito particolare nel cuore, quello rivolto da Papa Francesco ai giovani in occasione della visita a Venezia, il 28 aprile 2024: “Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati, innamorati e vai! Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita! Alzati e vai. […] Ascolta questa chiamata, ripetila dentro di te, custodiscila nel cuore”.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Ho accompagnato i nostri giovani a Lisbona con tanti sogni nel cuore, primo fra tutti, quello di poter iniziare con loro una pagina nuova della pastorale giovanile nella nostra diocesi.
Sono convinto che la pastorale giovanile non si fa “per” i giovani, ma è necessario pensarla e realizzarla “con” loro. L’opportunità di condividere una settimana insieme, di creare relazioni, fraternità, complicità, mi è sembrata un’occasione da non perdere. E così sono andato.
Sono stati giorni intensi: ci siamo avvicinati a Lisbona accompagnati dalla Parola e da alcune catechesi sulle domande di Gesù: «Che cercate?»; «Cosa vuoi che io faccia per te?». Poi abbiamo condiviso i giorni centrali a Lisbona col Papa e nel ritorno un’altra catechesi che ci ha accompagnato a elaborare quanto vissuto. Gesù chiede ai due discepoli di Emmaus in cammino: «Che sono questi discorsi che fate tra voi lungo il viaggio?».

Le risonanze condivise nel viaggio per tornare a casa sono state un bel regalo che hanno sottolineato la positività dell’esperienza nonostante la grande fatica e stanchezza che non è mancata. Condivido solo alcuni dei pensieri emersi dai nostri giovani che possono aiutare a capire quanto vissuto.

«In un mondo dove conta solo l’apparenza, Dio è riuscito a riunire un milione e mezzo di giovani»; «Porto a casa tanta speranza. Nella vita si cammina e non bisogna avere paura di cadere»; «Rialzarsi sempre accettando di non essere perfetti. L’ho visto nel volto dei giovani, nel sorriso e nella commozione dei volontari»; «Vivo un momento di confusione e ho sentito le parole di Gesù: “Cosa vuoi che io faccia per te?” Mi provoca tanto l’amore gratuito di Gesù. La Parola mi aiuta a mettere ordine nella vita e oggi mi dice: non mollare mai»; «La Chiesa è madre, c’è spazio per tutti, vicini e lontani, devoti e semplici. C’è un cammino per tutti»; «Le folle unite da Dio. E la parola “alzati” rivolta anche a me. La gioia di tutti ha fatto passare in secondo piano la stanchezza»; «Essere radici di gioia e far crescere piante di gioia. E il coraggio di testimoniare»; «La domanda “che cercate?” mi ha aiutato a mettere a fuoco fin da subito perché ero qui. Ci sono state tante condivisioni tra noi. Non si arriva mai nella vita. Pensavo di arrivare a mettere tutto in ordine e invece siamo sempre in cammino»; «Mi ha dato tanta forza e coraggio, ora vorrei provare a donare»; «All’inizio avevo tanti timori, alla fine sono venuta. È stato faticoso ma mi sono messa alla prova. Porto con me quell’alzati e cammina»; «Incredibile come un milione di giovani che non si sono mai visti prima, in un luogo nuovo, mi abbiano fatto sentire a casa. Come se quella folla di gente mi avesse abbracciata rendendomi parte di una vera e propria famiglia».

Sono solo alcune battute prese dalle tante risonanze condivise, ma credo esprimano bene il clima, la partecipazione, lo stupore, la gioia per quanto vissuto. È stato importante sentirsi accompagnati da tante persone che da casa ci hanno seguito e da tanti che ci hanno ricordato nella preghiera.

Una sfida non scontata è stata quella di mettere insieme gruppi diversi di giovani: quelli legati all’oratorio dei salesiani, quelli del Delta e di Cavarzere, l’Azione cattolica e gli scout. Confidiamo che questa salutare “contaminazione” possa continuare anche in diocesi, dove, pur rispettando le multiple appartenenze, siamo chiamati a camminare insieme almeno per alcune esperienze. Solo così un gruppo significativo di giovani potrà essere contagioso per altri giovani che potrebbero trovare una casa dove abitare, crescere e anche riscoprire la gioia del vangelo.

+ Monsignor Giampaolo Dianin
Vescovo di Chioggia


Testo tratto dall’edizione numero 32 del settimanale d’informazione diocesano ‘Nuova Scintilla’