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Il 26 gennaio 2025 la Chiesa ha celebrato la sesta domenica della Parola di Dio voluta da papa Francesco perché tutti i cristiani scoprano e riscoprano sempre più la centralità della Sacra Scrittura nella propria vita e nel cammino della Chiesa.

Per la nostra diocesi è una domenica che vogliamo celebrare in modo particolare nell’anno in cui abbiamo messo al centro la Parola di Dio nella costruzione delle Comunità Cristiane Sinodali.
Ricordo quanto scritto nella mia Lettera Pastorale: «Il primo muro portante delle Comunità cristiane sinodali che vorremmo costruire non è opera nostra, ma tutta di Dio. È l’evento della Parola che ci viene donata e che, se da noi accolta e messa in pratica, ci converte, ci consola, ci indica le vie della vita, ci accarezza e ci sferza».

Il pensiero va ai due discepoli di Emmaus che ascoltano Gesù dopo che Lui aveva accolto il loro smarrimento e ascoltato i loro sfoghi. «Non ci ardeva forse il cuore mentre ci parlava lungo la via?». La Parola arriva a noi ricca di provocazioni concrete che riguardano tutti gli aspetti fondamentali della nostra esistenza: la vita, la morte, l’amicizia, il dolore, l’amore, la famiglia, il lavoro, le varie relazioni personali, la solitudine, i segreti movimenti del cuore, i grandi fenomeni sociali; tutta la vita umana ci
viene consegnata dalla Parola di Dio in una luce nuova e vera. E noi, mentre incontriamo questa Parola, incontriamo noi stessi, il nostro passato, il nostro futuro, i nostri fratelli, incontriamo soprattutto Dio. Il Concilio descriveva così la Parola: «In essa ci viene incontro il Dio vivente che nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (DV 2).

Senza un cuore che arde per l’incontro con Gesù non andremo molto lontani né come cristiani né come Chiesa, ma resteremo imprigionati nelle nostre idee, schiavi del pensare comune, attirati da altre voci che regalano molte illusioni.
La Parola di Dio rivela chi siamo, perché esistiamo, dove stiamo andando. La Parola non è solo un messaggio di vita o un dialogo tra Dio e l’uomo, è molto di più perché la Parola agisce in noi. Se noi la prendiamo sul serio, non come parola di uomini, ma come Parola di Dio, questa opera in noi come una medicina che ci guarisce; la Parola, infatti, è «viva, efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

Ringrazio il Signore che in diverse parrocchie siano partite iniziative per accostarsi al testo biblico, conoscerlo e amarlo. L’iniziativa di mettere in mano agli operatori pastorali le letture del giorno grazie a un semplice libricino tascabile è stata apprezzata e può aiutare ad accostarsi personalmente alla Parola.
Papa Francesco ci dice con forza: «È indispensabile che la Parola di Dio diventi sempre più il cuore di ogni attività ecclesiale. La Parola di Dio ascoltata e celebrata, soprattutto nell’Eucaristia, alimenta e rafforza interiormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita quotidiana» (EV 174).

Il sogno che porto nel cuore per questo anno pastorale è che tutti noi possiamo sentire rivolta a noi la Parola come una lettera d’amore che il Signore scrive proprio per me e che dal cuore scaldato e bruciato da questo incontro possa nascere un cammino personale e comunitario, cresca la nostra vita cristiana fondata su questa roccia, ci sia qualche disponibilità per costruire le nostre comunità, e siamo
pronti, con un cuore convertito, a edificare nei prossimi anni gli altri muri delle nostre Comunità Cristiane Sinodali.

 

Vescovo + Giampaolo

Copertina Articolo Domenica della Parola

Testo tratto dall’edizione n.° 4 del 26 gennaio 2025 di Nuova Scintilla, settimanale d’informazione della Diocesi di Chioggia

Giunti ormai oltre la metà dell’anno pastorale, mentre a Roma si è dato avvio ai gruppi di studio sulle tematiche del sinodo, si può dire qualche parola sul percorso intrapreso in diocesi sui diversi ambiti suggeriti dal Vescovo nella sua Lettera. Il Vescovo, infatti, nella Lettera Pastorale dal titolo “Partirono senza indugio”, delinea i tratti necessari per maturare delle comunità cristiane sinodali.

In primo luogo, la comunità è il luogo dove si vive e si trasmette la fede in Gesù Cristo con tutto ciò che ne consegue. È chiaro che la “costruzione” di tali comunità, non parta da zero, ma dalla realtà ecclesiale esistente. L’obiettivo infatti è quello di maturare, tra i fedeli, una consapevolezza crescente della vita cristiana, della chiamata battesimale, in primis. E, se necessario, anche di crescere nella corresponsabilità a riguardo delle comunità, che sempre più si trovano povere di ministri ordinati.
Risulta quindi necessario che crescano forme di servizio e di ministerialità che siano nel segno di una comunione ecclesiale e di una dedizione che prosegue nel tempo. Questo affinché possa avvenire una responsabilità sempre maggiore tra i laici battezzati e si crei la possibilità di équipe pastorali che, assieme ai presbiteri, aiutino le comunità a credere in Gesù e a professare la propria fede.

È la grande sfida che già il Concilio Vaticano II aveva posto parlando di chiesa come popolo di Dio visto
nella sua unità e nella sua diversità.
Ricorre, infatti, in Lumen gentium 10 e 12 il tema della comunione: “Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma «distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui» (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: «A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio» (1 Cor 12,7)”.
Inoltre, va detto che il Concilio stesso aveva ripreso la riflessione del rapporto tra i diversi membri del popolo di Dio. È stato esplicitato con chiarezza quanto sia importante considerare il dono del battesimo come la grande sorgente che abilita tutti alla vita cristiana. Si parla così di partecipazione attiva, di collaborazione, ecc.

Ciò che Papa Francesco chiede oggi alla Chiesa e ciò che il nostro Vescovo Giampaolo domanda a noi è di continuare il cammino intrapreso già più di sessant’anni fa, facendo attenzione al cambiamento d’epoca, che, sotto tutti gli aspetti, stiamo ancora vivendo.
In questi primi mesi di cammino diocesano (ma in continuità con la riflessione iniziata tre anni fa), il tema delle comunità cristiane sinodali ha cominciato a essere oggetto di riflessione qua e là nelle diverse zone pastorali della diocesi, iniziando a considerare altresì il tema della ministerialità. Anche a livello diocesano, poi, nelle strutture di partecipazione ecclesiale, ha trovato modo di essere approfondita la mission della corresponsabilità e della ministerialità, con tutto ciò che ne può conseguire. Lo si è fatto, più in particolare, sia al Consiglio Pastorale diocesano sia al Coordinamento degli Uffici pastorali.

Un altro aspetto significativo, che spesso è stato portato alla luce grazie alle riflessioni richieste dal cammino sinodale, è la necessità di una formazione. Si sta quindi pensando a quale possibile formazione si possa offrire, come diocesi, per aiutare tutti a maturare processi nuovi, che aiutino le nostre comunità cristiane ad attingere e a sostenersi nella fede in Cristo. Un’offerta di formazione che dovrà essere per tutti, perché ciascuno abbia l’opportunità di approfondire il dono della vita cristiana, ma anche una formazione per quanti svolgeranno compiti precisi nelle comunità assumendosi delle specifiche responsabilità.

Anche per quanto riguarda l’iniziazione cristiana, l’Ufficio Catechistico ha avviato una pista di lavoro (inviando dei questionari a sacerdoti e catechisti), chiedendo una valutazione del percorso fatto fino a oggi. Dopodiché, seguirà una più ampia riflessione diocesana, che dovrà portare a delle precisazioni di percorso, ma soprattutto dovrà aiutare i cammini nel periodo della mistagogia. Un lavoro che si intreccia con il cammino del terzo anno sinodale, in cui ci è chiesto un discernimento sulla vita delle nostre comunità.

Ci fa bene pensare che la Chiesa non sia un monolite statico attorno a cui tutto deve ruotare, ma sia invece formata di donne e uomini che camminano guidati dallo Spirito, che sempre suscita profeti, pastori, carismi, cristiani che imparano ad amare e testimoniare Gesù e il suo vangelo sopra ogni cosa, e che tralasciano ciò che può essere di ingombro a questo amore vivo, fosse anche qualche vecchia struttura o qualche usanza ormai obsoleta.
Insomma, al centro di tutto questo lavoro e di quanto si maturerà si trova il popolo di Dio, che desidera vivere la fede e camminare assieme in una esperienza nuova di comunione e di fraternità evangelica, attento ai bisogni di ciascuno e rigenerato continuamente dall’eucaristia. Un percorso in cui non c’è uno schema da seguire già predisposto ma la provocazione di una lettura costante e profonda del divenire della realtà ecclesiale e del suo potenziale realizzarsi nei diversi contesti.
La vita di fede, che è dono dello Spirito Santo, si accresce così in ogni possibile incontro, iniziativa, itinerario proposto e riguarda tutti. Sta al pastore (al Vescovo) riconoscerne i segni e delinearne le strade percorribili.

 

Don Giovanni Vianello
Delegato per il Coordinamento della Pastorale