Archivio Tag: Speranza

È stata un’occasione per vivere la fede tramite un cammino, con lo stile semplice e concreto che ci appartiene. Il tema “Pellegrini di Speranza” ci ha spinto a guardare avanti con fiducia, anche nelle difficoltà. Partecipare al Giubileo vuol dire anche servire, accogliere, condividere e insieme ad altri giovani, è stato un tempo per crescere, riflettere e sentirci parte di una chiesa viva.
Marco, Francesco P. e Leonardo (Scout Chioggia 2)

 

Come scout, quello che ho vissuto in quei giorni è stato qualcosa di unico e toccante, data la fede condivisa di molti ragazzi riuniti nello stesso pellegrinaggio. L’energia di migliaia di ragazzi uniti dalla stessa fede, i sorrisi sinceri, e soprattutto la presenza viva di Dio in mezzo a noi mi hanno profondamente toccata. Ho percepito una pace nel cuore che mi ha fatto capire quanto sia bello affidarsi a Dio, anche nella confusione tipica della nostra età.
Dopo questo Giubileo, sento che la mia fede è cresciuta: non è solo una cosa che “devo fare”, ma una scelta che nasce dal cuore. Questo Giubileo mi ha regalato più fiducia, più speranza, e una relazione più profonda con Dio…
Sofia (Scout Chioggia 2)

 

Ho ripensato al nostro breve ma intenso viaggio che ho vissuto come un viaggio in famiglia. Non solo perché eravamo insieme, ma perché ci siamo sentiti davvero legati, uniti da qualcosa di più grande. Non era solo il luogo, ma le persone, le emozioni, i piccoli gesti. Ogni sguardo, ogni risata, ogni abbraccio sincero ha costruito qualcosa che non si dimentica…
Quelle che all’inizio potevano sembrare disavventure si sono rivelate occasioni per stringerci ancora di più, per aiutarci a vicenda e per scoprire la forza nella nostra unione.
Voglio ringraziare con il cuore gli animatori, Sara, Silvia e Lorenzo. Non sono stati semplici accompagnatori, ma guide, compagni di viaggio, esempi…
Mi porto a casa tanto: i volti, le parole, i silenzi e i momenti di preghiera pieni di senso, le notti passate insieme, le camminate, tutte le risate. Tornare a casa cambiati, un po’ più veri, un po’ più ricchi, un po’ più vivi è il senso più bello di ogni viaggio. Grazie.
Giulia (Parrocchia Buon Pastore)

 

Un’esperienza che aiuta a ritrovare sé stessi. Durante gli incontri di preparazione al Giubileo, ho conosciuto altri e, grazie a questi amici, sono riuscita a stare così distante da casa nonostante fosse la mia prima volta.
Questa esperienza mi ha portata ad avere più fiducia in me stessa e ad affrontare situazioni di difficoltà, distanti dalla propria comodità, ma nelle quali si sono creati rapporti, quasi più sani e veri, di quelli abituali. Un’esperienza che mi porterò sempre nel cuore.
Asia (Parrocchia Navicella)

 

Le cose che mi hanno colpito e fatto riflettere: la prima è stata la Via Lucis, soprattutto perché era stata ambientata ai giorni nostri e con parole attuali, che, almeno per me, mi hanno invogliato ad ascoltarla ancora di più; la seconda è stata la Porta Santa, attraversarla per me è stato un motivo per capire ancora di più quello per cui ho voluto andare al Giubileo; l’ultima ma non per importanza, è stata la Messa in Piazza San Pietro: quello che mi ha colpito maggiormente è stato vedere la quantità di adolescenti e giovani che c’erano, non avrei mai pensato che ci sono ancora così tante persone che seguono la fede cristiana, cosa che secondo me non è scontata.
La parola speranza è quella che mi è stata impressa di più perché, per me, speranza vuol dire fiducia, cosa che devo ancora “scoprire/dare”. Inoltre, mi ha colpito molto la frase che don Giovanni ha detto durante la Messa del sabato mattina: “Il Risorto ci fa scomodare”, perché mi fatto capire cosa sono stata disposta a fare per approfondire ancora di più la mia fede.
Giorgia (Parrocchia Navicella)

 

Mi ha colpito la presenza di tanti giovani perché spesso si sente parlare di ragazzi smarriti. È bello vedere tante persone della mia età con una visione profonda della vita nella fede e che creano rapporti veri e non virtuali. Ho visto la forza e la speranza nel costruire un mondo migliore, un mondo di pace, giovani più positivi e felici che mi hanno fatto cambiare punti di vista verso gli altri, guardando il mondo con più semplicità e con meno pregiudizi.
La parola che più mi ha colpito è stata “passaggio”, perché abbiamo attraversato la Porta Santa ma soprattutto perché mi ha fatto riflettere su quante porte (occasioni) abbiamo nella vita. Quando mi si è aperta la “porta” per venire al Giubileo non ci ho pensato un secondo perché sapevo che sarebbe stata un’occasione indimenticabile.
Sofia (Gruppi Vocazionali)

 

Mi ha emozionato tanto andare a San Paolo Fuori le Mura, così grande e bella, assieme a migliaia di miei coetanei con la stessa fede in Gesù. Ho capito che, se lo seguiamo così in tanti, possiamo rendere il mondo più bello e giusto.
Francesca (Salesiani Chioggia)

 

Essendo stati davvero tanti ragazzi, ho avuto difficoltà a focalizzarmi sull’importanza dei momenti cruciali, in più la stanchezza fisica ha influito; nonostante ciò, porto a casa dei pensieri su cui vorrei lavorare per poter vivere la fede cristiana al meglio, come il voler capire quali sono le porte che portano a Cristo Risorto e quali no.
Elena (Gruppi Vocazionali)

 

Appena siamo entrati attraverso la Porta Santa, ho sentito un senso di pace e la prima cosa che mi è venuta in mente di fare è stata dire una preghiera per tutte le persone in difficoltà: di salute, ma anche per altri motivi. Mi sarebbe piaciuto molto vedere affacciarsi dal balcone di piazza S. Pietro Papa Francesco, che penso sarebbe stato contento di vedere tutti noi ragazzi riuniti insieme. Ma sento comunque di aver avuto la sua benedizione vedendo passare la papamobile con la sua bara dietro.
Margherita (Salesiani Chioggia)

 

Un insieme di giovani, ognuno con storia, cultura, nazionalità differenti, con in comune il sentimento della speranza riposta nel cristianesimo, con il desiderio di cercare Dio e la pace di cui oggi più che mai abbiamo bisogno. Questa esperienza ci ha lasciato un segno indelebile perché, vedendo tutti questi giovani pellegrini, abbiamo arricchito il nostro animo di fede e misericordia.
Giacomo e Letizia P. (Scout Chioggia 2)

La Speranza è… Meraviglia. Semplicità. Margine di miglioramento. Dono che Dio che ci fa e che ricerchiamo continuamente. Luce. La Speranza è strana. È Futuro. Un cammino. Percorso. Costante. Voglia di vivere. Felicità. Importanza. Fonte di vita. Visione del mondo. Curiosità. Libertà di pensiero. Credere con tutto sé stesso una cosa precisa. Aspettare. Credere. Avere qualcosa a cui affidarsi.
Ma Speranza sono anche le persone intorno a te. Fiducia nella possibilità di un mondo migliore. Viaggio da affrontare. Vivere con passione e amore…

Una sola parola: Speranza. Eppure tante risposte diverse da parte dei giovani (o giovanissimi) partecipanti che hanno vissuto l’esperienza del Giubileo degli Adolescenti. Un piccolo gioco – quello proposto durante il viaggio verso Roma – che ha dato l’opportunità di tracciare una linea, un punto di partenza, dei propri pensieri, del proprio cuore. Un piccolo grande termine di paragone rispetto alla strada che si è compiuta durante il pellegrinaggio, in questo caso non tanto in termini fisici, spaziali, misurabili, ma in riferimento al percorso della propria vita, alla propria sfaccettata umanità.

E allora è affascinante, ora, guardarsi indietro, se pur nel tempo di pochi giorni, di un’esperienza tanto breve quanto intensa. Darsi, cioè, l’opportunità di accorgersi del distacco, del grado di separazione, rispetto a quel punto iniziale. Magari accompagnati da alcune delle parole che hanno guidato l’ultima tappa del cammino, quelle del Cardinale Pietro Parolin durante l’omelia della celebrazione presieduta in Piazza San Pietro la mattinata di domenica 27 aprile. Riconoscendosi ancor di più, ora che siamo tornati, pellegrini di speranza.

[Cari giovani e adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo], Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare […] non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui! Con Lui non sarete mai soli né abbandonati a voi stessi, nemmeno nei momenti più brutti! Egli viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio di vivere, di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni, di vedere nel volto di chi è vicino o lontano un fratello e una sorella da amare, ai quali avete tanto da dare e tanto da ricevere, per aiutarvi ad essere generosi, fedeli e responsabili nella vita che vi attende, per farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera (cfr. 1Cor 13,7)”.

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Immagine Articolo 'La Speranza è...'

C’è per te un messaggio, un tema oppure una situazione che ti ha particolarmente toccato in questi giorni?

Una domanda in apparenza semplice, spontanea. Ma che nasconde una piccola insidia, soprattutto quando l’esperienza che si è vissuta sta per concludersi, portando con sé un bagaglio significativo di emozioni, di fatiche, di pensieri che ormai corrono velocemente verso casa.
È il rischio di cui spesso parla il Vescovo Giampaolo rivolgendosi ai giovani, un messaggio che non è mancato anche lungo la strada del ritorno dal Giubileo degli Adolescenti, vissuto a Roma lo scorso fine settimana: “Non è la quantità delle esperienze affrontate a fare la differenza, a cambiare la vita, ma la capacità di rielaborare, di far sì che ciò che si è vissuto non si limiti alla dimensione del passatempo e affondi le proprie radici in profondità, pizzicando le corde più sensibili della propria esistenza“.

Significativa, allora, è la risposta di Lorenzo P., di sedici anni, che è stato colpito dal fatto di poter “cogliere gli imprevisti come opportunità“.
[Fin da prima della partenza per il Giubileo], ci sono stati diversi “imprevisti” – tra tutti, la morte del Papa – che hanno portato a stravolgere completamente il programma, ma ci sono stati anche tanti altri piccoli imprevisti, come il campo mobile che ci ha ospitato a Roma, il freddo durante la notte, i “letti”… Non lo avrei mai immaginato per la mia vita, però, dai, sono riuscito a prenderla con filosofia“.
Una risposta che, proprio come la domanda, nasconde una sfumatura più profonda. Perché ciò che ha spinto a prendere parte a questa avventura non è confortevole, agiato, “comodo”. “Il Risorto ci scomoda, ci scomoda sempre“, come ha sottolineato con forza don Giovanni durante l’omelia della S. Messa celebrata in suffragio di Papa Francesco, nel giorno dei funerali. Una scomodità che, spesso, disarma, che mette alla prova, ma che permette alla propria vita di aprirsi a una prospettiva più grande, più autentica, più vera.

E ancora Giulia D., di quindici anni, scrive: “La cosa che mi ha colpita di più durante il Giubileo è stato il fatto di aver avuto la possibilità di ottenere un perdono più “speciale” rispetto a quello che, [nell’ordinario], si riceve con il sacramento della confessione. Passare attraverso la Porta Santa è stato molto emozionante, ho avuto l’occasione di consolidare di più la mia fede e credo sia una cosa che mi ricorderò per tutta la vita“.
Una risposta che non può non aprire il cuore, che meraviglia. E che ci conferma ancora una volta come l’orizzonte del futuro sia più limpido di quanto generalmente viene raccontato. La straordinaria capacità delle persone, soprattutto dei più giovani, di spiazzarci, di cogliere il bello dove altri trovano solamente un ostacolo, di sorprenderci quando ne viene data loro l’opportunità.
L’orizzonte di una speranza che non delude, mai.

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Immagine Articolo 'Il Risorto ci scomoda'

Sì, la risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione. No. Grazie a Cristo crocifisso e risorto, la speranza non delude! Spes non confundit! (cfr Rm 5,5). E non è una speranza evasiva, ma impegnativa; non è alienante, ma responsabilizzante.

La fermezza di parole scritte nel momento della massima fragilità. Parole, le ultime di Papa Francesco prima del ritorno alla casa del Padre, che richiamano la speranza. Spes non confundit. Una speranza che non delude e che mai potrebbe farlo.
Perché la speranza, la vera speranza, è fortemente ancorata alla realtà, non è “evasiva”, non è vaga o sfuggente. La speranza è elemento di vita. E, come ogni vita, nella propria straordinarietà, non può che responsabilizzare, affinché ciascuno possa essere chiamato a prendersene cura, a coltivarla, ad accoglierla, ad amarla, a far sì che fiorisca e dia frutto.

Continua, poi, il messaggio di Papa Francesco: “Quanti sperano in Dio pongono le loro fragili mani nella sua mano grande e forte, si lasciano rialzare e si mettono in cammino: insieme con Gesù risorto diventano pellegrini di speranza, testimoni della vittoria dell’Amore, della potenza disarmata della Vita“.
È, insomma, una “vita sacrificata”. Un sacrificio, tuttavia, che non si tinge delle sfumature opache di un privarsi fine a sé stesso, di un trascurare, di una rinuncia che trascina con sé le proprie aspirazioni, i propri desideri. Ma un “rendere sacro”, il supremo atto di affidare la propria vita all’Amore che genera ogni altro amore. La visione di una vita che si espande, si allarga, non limitandosi a una pigra sopravvivenza, ad avvitarsi senza sosta su sé stessa. Una vita di cui è stato testimone, in tutta la sua straripante umanità, in ogni riflesso della sua risoluta tenerezza, Papa Francesco.

Il suo messaggio pasquale, allora, accompagnato dalla benedizione “Urbi et Orbi”, sembra richiamare l’eco del saluto di un padre alla propria famiglia, quando è prossimo alla partenza, chiamato ad andare lontano senza la certezza di poter tornare. Forse soprattutto per chi era desideroso di incontrarlo, per chi era già pronto a mettersi in cammino, vestendo gli abiti del pellegrino, nella speranza (anche) di poter condividere quell’esperienza con lui.
E davvero, alla luce di questo, l’esperienza giubilare non potrà che aprirsi, trasformarsi, ancorarsi maggiormente alla vita. La morte non potrà prevalere in alcun modo sulla speranza. Perché “nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udranno più fragori di armi ed echi di morte. Affidiamoci a Lui che solo può far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5)!“.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

PGV Immagine Articolo 'Lui solo può far nuove tutte le cose'

Il Giubileo che abbiamo aperto […] in Cattedrale ci invita ad essere “pellegrini di speranza”.

Questo santuario è una delle chiese giubilari della nostra diocesi, dove possiamo accostarci alla Confessione e compiere quei gesti che la Chiesa ci propone per ottenere quella misericordia sovrabbondante che caratterizza un Giubileo. In questo luogo Maria ha spronato i nostri padri a intraprendere un cammino di conversione; è un appello che risuona anche oggi. È Maria che invita proprio noi a diventare pellegrini di speranza.

Le domande che possiamo porci oggi sono semplici ma essenziali: «Desidero intraprendere questo pellegrinaggio?», «Cosa cerco se c’è qualcosa che cerco e desidero per quest’anno santo?», «Il dono di Dio è a disposizione di ciascuno, ma noi lo desideriamo questo dono? Ci interessa?».

I magi sono un esempio bello e provocante all’inizio di quest’anno: loro avevano domande, desideri, si sono messi in cammino, hanno lasciato i loro palazzi confortevoli e hanno intrapreso un cammino scomodo e rischioso. I magi sono stati “pellegrini di speranza” nonostante avessero la forza del loro sapere, avessero ricchezze e una vita agiata; ma questo non riempiva il loro cuore. Cercavano un re da adorare forse perché consapevoli che il sapere, la ricchezza e la vita agiata erano solo degli idoli ma non un Dio da adorare.
I magi avevano le loro verità ma non erano chiusi nelle loro idee e nelle loro abitudini; erano curiosi di aprirsi ad altre prospettive, onesti cercatori di un di più per la loro vita. Dio si lascia trovare da chi lo cerca, mentre rimane una statua inerme e senza vita per coloro che si accontentano di quello che sono. E noi cristiani del XXI secolo rischiamo di essere soddisfatti di una religione statica, legata alle nostre abitudini, ripetitiva nei gesti e nelle parole, spesso annoiata e brontolona delle mille cose che non vanno, ma lontana dalla prospettiva di diventare pellegrini e inquieti cercatori di un di più.

La prima caratteristica del pellegrino di speranza è mettersi in discussione, uscire dalla zona di conforto della propria fede e vita cristiana. Possono essere tante le zone di conforto: la mia Messa, a quell’ora perché mi è comodo; il mio gruppo dove mi sento a casa e faccio le cose che mi piacciono; il mio modo di pregare, sempre lo stesso da anni; la confessione ripetitiva e formale; l’attaccamento alle mie devozioni che mi danno sicurezza; un Dio incastrato tra mille altre cose a cui dare qualche spicciolo del mio tempo prezioso.
I magi sono attratti da una stella. Il termine desiderio deriva proprio da siderum che in latino significa stella. Il desiderio ci attrae, ci spinge a rischiare, a metterci in cammino quando le cose non sono chiare, senza sapere se effettivamente riusciremo a trovare una risposta a quello che cerchiamo. Senza desideri non ci metteremmo in cammino. Quando non desideriamo più, siamo fermi, in un certo senso siamo già morti.

I magi sono così desiderosi di raggiungere la loro meta che hanno l’umiltà di chiedere, di farsi aiutare.
Se ci sentiamo autosufficienti, se siamo orgogliosi dei nostri pensieri, del nostro modo di vivere, non cercheremo mai un aiuto. Dio si lascia trovare da chi lo cerca ed è disposto a trovarlo dove non pensava potesse esserci. Cercavano un re e trovano un bambino; cercavano una città importante e si trovano in un villaggio sconosciuto; cercavano un palazzo reale e trovano una stalla.
I pellegrini di speranza non possono essere persone chiuse nel loro piccolo mondo. Occorre aprirsi alla novità e non intestardirsi a ripercorre i tratti di strada che ormai conosciamo bene. Forse proprio su quelle vie ormai consumate e battute Dio non si fa più trovare.
Dio è novità, Dio è oltre, Dio spesso è altrove rispetto a dove tu lo vorresti trovare. Noi siamo abituati a percorrere sempre le stesse strade e se non lo incontriamo diciamo che non c’è, ma lui c’è, c’è sempre, ma probabilmente è altrove e ti chiede di diventare pellegrino.

C’è un rischio per il Giubileo che ci sta davanti: ridurlo a una pratica, a delle formule, a dei gesti che non ci scomodano più di tanto. Il rischio è di essere come Erode che vorrebbe adorare il re ma rimane chiuso nel suo palazzo; o come i sacerdoti e gli scribi che sanno tutto delle Scritture ma non si schiodano dalle loro scrivanie.
Il Giubileo non può essere una pagina da leggere o una pratica da compiere, ma dev’essere un’esperienza da vivere, un incontro da desiderare, una vita che vogliamo riprendere in mano, un tesoro che forse non abbiamo ancora scoperto.

Si dice che l’Epifania tutte le feste si porta via, ma noi non vogliamo che ci venga rubata la speranza, vogliamo il coraggio dei magi, i desideri che come le stelle ci sospingono, la decisione di metterci in cammino, oltre i luoghi conosciuti, oltre le abitudini di sempre, oltre una fede ridotta a pratiche, oltre i nostri recinti… Possa il Giubileo regalarci l’incontro con Gesù, un Gesù che credevamo di conoscere ma non era così; sarà così se saremo insieme “pellegrini di speranza”.

 

Vescovo + Giampaolo

Immagine Articolo GiubileoTesto tratto dall’edizione n.° 3 del 19 gennaio 2025 di Nuova Scintilla, settimanale d’informazione della Diocesi di Chioggia