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Sì, la risurrezione di Gesù è il fondamento della speranza: a partire da questo avvenimento, sperare non è più un’illusione. No. Grazie a Cristo crocifisso e risorto, la speranza non delude! Spes non confundit! (cfr Rm 5,5). E non è una speranza evasiva, ma impegnativa; non è alienante, ma responsabilizzante.

La fermezza di parole scritte nel momento della massima fragilità. Parole, le ultime di Papa Francesco prima del ritorno alla casa del Padre, che richiamano la speranza. Spes non confundit. Una speranza che non delude e che mai potrebbe farlo.
Perché la speranza, la vera speranza, è fortemente ancorata alla realtà, non è “evasiva”, non è vaga o sfuggente. La speranza è elemento di vita. E, come ogni vita, nella propria straordinarietà, non può che responsabilizzare, affinché ciascuno possa essere chiamato a prendersene cura, a coltivarla, ad accoglierla, ad amarla, a far sì che fiorisca e dia frutto.

Continua, poi, il messaggio di Papa Francesco: “Quanti sperano in Dio pongono le loro fragili mani nella sua mano grande e forte, si lasciano rialzare e si mettono in cammino: insieme con Gesù risorto diventano pellegrini di speranza, testimoni della vittoria dell’Amore, della potenza disarmata della Vita“.
È, insomma, una “vita sacrificata”. Un sacrificio, tuttavia, che non si tinge delle sfumature opache di un privarsi fine a sé stesso, di un trascurare, di una rinuncia che trascina con sé le proprie aspirazioni, i propri desideri. Ma un “rendere sacro”, il supremo atto di affidare la propria vita all’Amore che genera ogni altro amore. La visione di una vita che si espande, si allarga, non limitandosi a una pigra sopravvivenza, ad avvitarsi senza sosta su sé stessa. Una vita di cui è stato testimone, in tutta la sua straripante umanità, in ogni riflesso della sua risoluta tenerezza, Papa Francesco.

Il suo messaggio pasquale, allora, accompagnato dalla benedizione “Urbi et Orbi”, sembra richiamare l’eco del saluto di un padre alla propria famiglia, quando è prossimo alla partenza, chiamato ad andare lontano senza la certezza di poter tornare. Forse soprattutto per chi era desideroso di incontrarlo, per chi era già pronto a mettersi in cammino, vestendo gli abiti del pellegrino, nella speranza (anche) di poter condividere quell’esperienza con lui.
E davvero, alla luce di questo, l’esperienza giubilare non potrà che aprirsi, trasformarsi, ancorarsi maggiormente alla vita. La morte non potrà prevalere in alcun modo sulla speranza. Perché “nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udranno più fragori di armi ed echi di morte. Affidiamoci a Lui che solo può far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5)!“.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

PGV Immagine Articolo 'Lui solo può far nuove tutte le cose'

Che cosa spinge a partecipare a un’esperienza come il Giubileo degli Adolescenti? Quali ragioni, oggi, possono accompagnare una ragazza, un ragazzo, un giovane a dire di sì, a mettere lo zaino in spalla, a partire?

In fin dei conti, l’esperienza giubilare non è un viaggio come gli altri, ma è un mettersi in cammino prima ancora della partenza, un pellegrinaggio più che verso un luogo fisico verso un atto d’amore. È un’occasione per camminare da soli ma anche insieme, come piccola comunità, come Chiesa.
E allora non deve stupire il desiderio di Beatrice T., di quattordici anni, che è spinta, prima di tutto, dalla ricerca di novità. “La voglia di provare nuove esperienze e di conoscere nuove cose“. Un desiderio che, per la sorella maggiore, Claudia, di ventiquattro anni, trova una dimensione più strutturata, dei tratti più decisi: “Ho deciso di partecipare [come accompagnatrice] per vivere un clima di giovinezza autentica. Spesso sentiamo parlare della mancanza di giovani nei nostri gruppi (il che, sotto certi aspetti, è vero). Però, quello che mi preoccupa è che, a causa di questa constatazione, rischiamo di non vedere la bellezza di quei ragazzi che invece ci sono, che hanno voglia di mettersi in gioco, di vivere esperienze significative e di portare avanti una Chiesa viva e giovane. Ho deciso, quindi, di partecipare per vedere con i miei occhi questi ragazzi ‘all’opera’: ragazzi che stanno costruendo la loro fede personale ma anche una fede da condividere con i pari, con la comunità, e da riportare a casa, ciascuno nei propri ambienti di vita“.
Fede. Condivisione. Comunità. Casa. Proprio ciò di cui parla anche Chiara V., di quasi diciassette anni, che è felice di poter vivere questa esperienza insieme a un gruppo di amiche e di amici dei gruppi vocazionali diocesani, per lei la “garanzia di esperienze uniche e irripetibili“. Una “spinta” emozionante la sua, che trova espressione “nel poter realizzare qualcosa che i [suoi] genitori [le] hanno raccontato fin da quando era bambina, le varie Giornate Mondiali della Gioventù e il Giubileo del 2000“.

Ma un viaggio, un qualsiasi viaggio, non può non prevedere anche un piccolo bagaglio aggiuntivo. Il bagaglio delle proprie aspettative, delle proprie attese, quasi come la sensazione di gustare un cibo che abbiamo davanti ai nostri occhi o di cui ne percepiamo il profumo.
E, se per Beatrice sembra accendersi il fuoco di una fatica che conduce alla meraviglia, Chiara e Claudia hanno nitida di fronte a loro l’immagine del Beato Carlo Acutis, la cui canonizzazione originariamente era prevista per la mattinata di domenica 27 aprile. Un’immagine che la prima conserva “preziosamente nel cuore perché porta il nome di [suo] fratello” e per un amore in comune, quello per la città di Assisi. E un’immagine che, per la seconda, rappresenta “un esempio luminoso“, affinché l’orizzonte di autenticità della sua fede “diventi un’opportunità di crescita spirituale, che semini speranza e crei legami duraturi“.

Ora, non resta che partire. Magari con un invito particolare nel cuore, quello rivolto da Papa Francesco ai giovani in occasione della visita a Venezia, il 28 aprile 2024: “Giovane che vuoi prendere in mano la tua vita, alzati! Apri il cuore a Dio, ringrazialo, abbraccia la bellezza che sei; innamorati della tua vita. E poi vai! Alzati, innamorati e vai! Esci, cammina con gli altri, cerca chi è solo, colora il mondo con la tua creatività, dipingi di Vangelo le strade della vita. Per favore, dipingi di Vangelo le strade della vita! Alzati e vai. […] Ascolta questa chiamata, ripetila dentro di te, custodiscila nel cuore”.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

«Perché mi cercavate?»: queste le parole dell’evangelista Luca che hanno accompagnato i ragazzi dei Gruppi Vocazionali “Il Mandorlo”“Il Sicomoro” durante l’esperienza di fraternità vissuta tra il 28 e il 29 dicembre 2024. Il tema centrale? La “soglia”, intesa come quel momento cruciale nella vita di ciascuno, carico di entusiasmo ma anche di paure e di incertezze, una ‘porta’ da varcare.

La prima mattinata è stata arricchita dalla testimonianza di un’esperienza di missione in Burundi (tra i mesi di luglio e agosto 2024), che ha sottolineato l’importanza di uscire da sé stessi e di vivere in comunità.
Nel pomeriggio, poi, l’approfondimento del Vangelo di Luca ha permesso di confrontarsi con la figura di Gesù, che fin da giovane ha mostrato una chiara consapevolezza della propria missione: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Attraverso un percorso di condivisione e preghiera, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di riflettere sulle proprie “soglie” personali, mettendo in luce le gioie e le paure che accompagnano questi momenti di cambiamento.
La giornata quindi si è conclusa con un’introduzione al Giubileo 2025, animata da don Giovanni Vianello. E giochi e risate hanno accompagnato i ragazzi nel corso della serata.

La domenica mattina, il Vescovo Giampaolo ha benedetto l’icona e l’ambone posizionati nella nuova Cappella della Contemplazione e dell’Ascolto della Parola presso il Seminario Vescovile Diocesano. L’icona della Crocifissione, dono della Comunità Missionaria di Villaregia, riprende la raffigurazione da un’icona russa del XIV secolo della scuola di Novgorod. L’ambone, invece, proviene dalla Cattedrale di Chioggia.
Nella sua riflessione, il Vescovo, oltre a spiegare l’icona, ha sottolineato come questa cappella sia un luogo accogliente per i giovani, un po’ come le braccia materne di Maria.

L’esperienza di fraternità vissuta in seminario da una ventina di adolescenti, accompagnati da una decina di educatori, è culminata con la partecipazione alla Santa Messa di apertura dell’Anno Giubilare in Diocesi. Il Vescovo, nell’omelia, ha ribadito l’importanza delle comunità e della fraternità, invitando tutti a camminare insieme, come ci ricorda il Vangelo di Giovanni: «Siano una cosa sola perché il mondo creda».

 

Nicola Chieregato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Esperienza Missione (28 dicembre 2024)

Tu sei bellezza

CV24 Copertina Articolo 'Tu sei bellezza'

Qual è il sogno che Dio ha per me? Per me, sì, proprio per me… E, ancora prima, perché Dio dovrebbe sognare di me, della mia esistenza, della mia vita? Sono davvero meritevole del suo sguardo, della sua “attenzione”? Una domanda, la prima, che si è inserita con forza nelle fasi iniziali del campo vocazionale. Sebbene non si tratti di una domanda “nuova” per la … Continua a leggere Tu sei bellezza »

L’esperienza dei Gruppi Vocazionali “Il Mandorlo” e “Il Sicomoro” propone ogni anno un campo vocazionale, che mette a tema l’amicizia con Gesù e con i compagni di cammino.

Quest’anno il campo si svolgerà ad Assisi e sarà nei giorni che vanno dall’8 al 13 agosto.
Assisi, in particolare, ci darà l’opportunità di percorrere le vicende e la vita di san Francesco e di santa Chiara e ci donerà anche di incontrare il beato Carlo Acutis, giovane testimone dei nostri giorni.
Il tema, poi, seguirà quello suggerito dall’Ufficio Nazionale Vocazioni: “Creare Casa” (ChV, 217).

I santi sono uomini e donne che hanno lasciato spazio a Cristo nella loro casa interiore. Sono testimoni di accoglienza di fratelli e sorelle poveri e indifesi. Sono stati – e sono tutt’ora – esempio di vita cristiana compiuta perché donata; una vita nuova ricevuta in dono e offerta al mondo.
Con le ragazze e i ragazzi che parteciperanno desideriamo quindi metterci sulle strade di testimoni attraverso racconti di vita, giochi e momenti di fraternità, perché, affascinati e attratti dal vangelo di Gesù, loro possano tradurre nel proprio cuore, nei propri affetti, nella propria intelligenza quanto sia bello creare in sé una casa che sappia accogliere Cristo e che si lasci amare da lui. La vita allora può svolgersi nel dono di sé in maniera libera e gratuita.

Per quanti vogliano chiedere informazioni e iscriversi al campo vocazionale, è possibile fare riferimento al numero 349 291 4796 o, in alternativa, all’indirizzo di posta elettronica ‘cdvocazionichioggia@gmail.com‘.

 

Don Giovanni Vianello,
Direttore dell’Ufficio Diocesano Vocazioni

L’équipe della Pastorale Vocazionale diocesana propone, quest’anno presso l’Unità Pastorale Navicella-San Michele Arcangelo di Chioggia, una settimana (da domenica 14 a domenica 21 aprile) di sensibilizzazione e preghiera sul tema vocazionale.

La parola ‘vocazione’ potrebbe apparirci ormai desueta o riguardante solo alcune categorie (di solito, sacerdoti e consacrate/i), sebbene in realtà riguardi tutti i battezzati ed esprima il disegno di Dio per ciascuno di noi. Vocazione è infatti donare la propria vita accogliendo e intrecciando con gioia due sogni: quello di Dio e quello nostro, che mai si contraddicono.

La settimana vocazionale, che avrà come titolo “Creare Casa” (ChV, 217), vuole essere un momento di condivisione di testimonianze vocazionali, che aiutino a guardare la vita nel suo svolgersi cristianamente. Il poliedro di vocazioni – dono di Dio – è una ricchezza per la chiesa e per il mondo ed è bello poterle narrare sempre per il bene di tutti e per illuminare la strada dei più giovani.
La stessa Veglia Diocesana di Preghiera per tutte le Vocazioni, che si svolgerà giovedì 18 aprile, alle ore 21:00, presso la chiesa della Beata Vergine Maria della Navicella, metterà in luce il dono di una particolare storia vocazionale. Alla preghiera siamo tutti invitati, in particolare i giovani.

“Creare Casa”, infine, è anche il tema della 61^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che quest’anno si celebrerà domenica 21 aprile. Tutti i sacerdoti e gli animatori liturgici sono chiamati a dare particolare rilievo a questa Giornata invitando i fedeli alla preghiera.
Il tema suggerisce un invito per le nostre comunità, ossia cercare di creare spazi possibili di accoglienza perché ciascuno possa far crescere e coltivare la propria vocazione.

 

Don Giovanni Vianello
Direttore dell’Ufficio Diocesano Vocazioni

Per il giorno sabato 2 marzo 2024, presso il Seminario Vescovile Diocesano, a partire dalle ore 20:00, è stata programmata una cena come occasione di presentazione ufficiale di Esperienza Missionela proposta missionaria diocesana che prenderà avvio – con un percorso formativo di quattro incontri – nel corso del mese di febbraio 2024.

Si tratta di un’occasione che si propone, da un lato, di condividere il significato profondo dell’esperienza missionaria e, dall’altro, una raccolta fondi finalizzata all’autofinanziamento della proposta di missione presso la parrocchia di Bwoga-Chioggia, in Burundi, nel corso della terza e della quarta settimana del mese di luglio 2024.

La Diocesi di Chioggia propone un percorso formativo in vista di un’eventuale esperienza missionaria in Africa, per vivere la quotidianità, l’annuncio e l’impegno dei missionari, confrontandosi con altre culture e condividendone la fede.

L’esperienza si svolgerà durante la terza e la quarta settimana del mese di luglio 2024 presso la parrocchia di Bwoga-Chioggia, in Burundi, dove operano le suore della Congregazione delle Serve di Maria Addolorata, e i giovani partecipanti avranno la possibilità di offrire un tempo di animazione, realizzare qualche lavoro nella scuola in costruzione – sostenuta anche con le offerte del tempo di Avvento della Caritas diocesana – e fare esperienza delle tradizioni locali.

Si tratta, quindi, di una proposta che arricchirà per primi i partecipanti ma che potrà anche diventare successivamente testimonianza e annuncio nelle comunità diocesane.

Il 28 e 29 dicembre 2023 si è svolta una due giorni di fraternità con i Gruppi Vocazionali “Il Mandorlo” e “Il Sicomoro”. Giorni intensi, ricchi di incontri e di amicizia.

Il primo giorno ci ha visti pellegrini a Venezia, alla Basilica di Santa Maria della Salute, dove abbiamo celebrato l’eucarestia affidando a Gesù per mezzo di Maria il cammino che stiamo facendo. Sia alla Salute sia alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari (nel pomeriggio) siamo stati accolti e accompagnati da guide che ci hanno introdotti nella storia e nella fede del popolo veneziano attraverso l’arte. Una fede ancora viva, quella cristiana, che oggi intercetta anche noi e che ci provoca a vivere dei “tempi” e dei “luoghi” significativi che ci aiutino a conoscere e approfondire la nostra vita. Uno sguardo al passato e uno al presente, sulle nostre vite, per aprirci a un futuro pieno di sogni e di speranze. Perché Gesù ci raggiunge ancora, da una storia che ci precede e in una storia che ci attende, venendoci incontro dal futuro e aprendoci alla speranza.
Il Natale è Gesù in mezzo a noi e vogliamo aiutarci a scorgere la sua presenza.

Dopo la notte trascorsa insieme in seminario, il venerdì abbiamo dedicato del tempo per riscoprire il valore dell’amicizia, attraverso il gioco, e nel metterci in ascolto della Parola di Dio che la liturgia ci ha offerto nel tempo natalizio.

In questa fraternità, le ragazze e i ragazzi hanno saputo condividere anche la loro fede. C’è chi ha descritto il suo rapporto con Dio come in un dialogo con un amico; c’è chi ha espresso il bisogno di preghiera perché sente che è esperienza di bellezza; chi ancora sente che può perdonare gli altri perché si sente perdonato da Gesù; chi ha espresso la bellezza della vita cristiana sperimentata nell’arte; chi si è lasciato provocare dalle parole della Liturgia del giorno o dalle riflessioni fatte. Insomma un’opportunità per quanti hanno vissuto questa esperienza, per sentirsi amati da Cristo e responsabili di questa misura d’amore nel mondo.

Le ultime ore sono state dedicate all’ascolto di due giovani testimoni: Daniele Mozzato (seminarista) e Nicola Chieregato (giovane del Gruppo Vocazionale “Il Cedro”). Ci hanno spronato a riflettere sulla vita cristiana come un cammino in comunione con altri fratelli e sorelle, dove si impara a lasciare spazio a Gesù e all’azione del suo Spirito, diventando capaci di scelte mature e decisive per la vita.

Richiamati a vivere fraternamente tra noi e con tutti abbiamo fatto nostre le parole del Vescovo Giampaolo, che durante i Vespri ci ha fatto riflettere su come Cristo ci ha salvati e noi siamo oggetto di questa vita nuova che è venuta ad abitare in mezzo a noi con il suo Natale.

Équipe del Centro Diocesano Vocazioni

Parlare di libertà è difficile, è “rischioso”, a maggior ragione quando i propri interlocutori sono giovani o addirittura giovanissimi.
È difficile perché, spesso, quando si pensa alla libertà, il solo tentativo di prendere in considerazione un limite, un confine, sembra del tutto inappropriato. Può forse la libertà non essere assolutamente “libera”? Può la libertà non corrispondere alla possibilità – almeno potenziale – di cavalcare le più varie manifestazioni della propria volontà?
Ma parlare di libertà è anche “rischioso”. Da un lato, si corre il rischio, di fatto, di non parlarne veramente, rimanendo a una dimensione tanto abbozzata e superficiale da non creare nel proprio interlocutore alcun interesse, alcun desiderio. Dall’altro, emerge il rischio di descrivere una libertà illusoria, una libertà che non potrà mai essere raggiunta davvero.

E allora – ci si chiede – è possibile parlare di libertà? O, in fin dei conti, è possibile essere liberi?

Interessante come, nel corso del Campo Vocazionale proposto dal Centro Diocesano Vocazioni, un primissimo approccio a queste domande sia avvenuto all’interno del “Carmelo” di Bologna, un monastero. E ancor più interessante come la libertà sia stata subito legata a un’esperienza di coraggio e di amore. Quell’Amore originario e gratuito ricevuto dal Padre e che non può trovare una via diversa dalla sua condivisione, da una sua massima diffusione.
“Non una vita di clausura ma di custodia”.
E davvero non ci può convincere del contrario dopo aver ascoltato il racconto di suor Veronica, originaria di Sottomarina, e di suor Teresa Benedetta, priora del convento. Il racconto di una ricerca instancabile, di uno svelamento travagliato dei propri desideri più profondi, di un personale percorso di ricerca della felicità (e della propria libertà). Il racconto di un’alba di fine primavera diventata, per suor Veronica (prima Valeria), una meravigliosa epifania: “Sono tua”.

Ritorniamo, quindi, alla domanda iniziale: è possibile esseri liberi (magari vivendo per la quasi totalità del proprio tempo all’interno di un monastero)? E se sì, come?

La libertà, in questo senso, sembra non esaurirsi in una dimensione fisica, spaziale. La libertà richiede la capacità di spogliarsi e di rivestirsi. Da un lato, la capacità di spogliarsi delle proprie maschere, delle proprie certezze apparenti, di quel “tutto” che si limita a imbiancare la superficie di una vita “sepolta”. Dall’altro, la capacità di rivestirsi di ciò che più fa risuonare il proprio cuore, di benedire il tempo della prova, di rivestirsi di Cristo.
Si tratta di una libertà di cui è stato (e ancora è) testimone il beato Giuseppe Olinto Marella, sulle cui orme è stato fortemente voluto l’intero campo vocazionale e che ne incarna quasi una definizione. Dopotutto, Padre Marella è stato un uomo libero, un sacerdote libero, un insegnante libero. Ma non di una libertà approssimativa o illusoria. È stato libero di quella stessa libertà che Cristo, amando fino al sacrificio, con Amore ha desiderato per ciascuno di noi.

“Cristo ci ha liberati per la libertà”.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni